La customer experience è la chiave per conquistare il Far East
Si è tenuta ieri a Palazzo Stelline la seconda conferenza milanese sul retail asiatico, Conoscere, capire e conquistare l’Asia, organizzata da Texere Advisors, società di consulenza per l’internazionalizzazione, con l’obiettivo di mettere a confronto le esperienze di top manager e imprenditori, in un evento dedicato alle Pmi italiane che operano nel luxury market.
Tra i relatori spiccano la brand manager di Potocco, Marianna Potocco, il general manager di Qqodd, Qihui Huang, e il professor Michel Phan. In primo piano le difficolta che le realtà italiane e cinesi devono affrontare durante tutte le fasi del business legato al Far East, dal networking iniziale fino al piano di internazionalizzazione.
Alla conferenza sono stati due i punti chiave stabiliti per un luxury retail di successo nel continente asiatico: la customer experience e il valore dello studio culturale di tradizione, usi e costumi, al fine di comprendere a 360 gradi il consumatore.
«Avviare un’attività in Cina non è facile e sono diversi i fattori che un imprenditore deve considerare, come i giusti investimenti nel business online e la scelta della location. Ma la cosa fondamentale è conoscere bene il consumatore - ha spiegato Michel Phan -. La customer experience è la chiave del successo, perché l’imprenditore deve conoscere culturalmente il Paese in cui ha intenzione di operare. In Cina, ad esempio, la semplicità e la tradizione premiano sempre. Il cliente orientale ha bisogno di “spazio personale” quando è in store, esige qualità sia nel prodotto che nella conoscenza del brand da parte dei commessi. Molte volte la semplicità, o la cosiddetta “scoperta dell’acqua calda”, premia».
Secondo la ricerca intrapresa dal professor Phan, si stima che il 33% dei consumatori totali nel settore lusso sia cinese: una percentuale destinata ad aumentare al 45% entro il 2025, forse anche grazie alla crescita degli investimenti pubblicitari in Asia, dove la Cina vanta un tasso di adv digitale per cellulari del 75%.
Interessanti i pareri comuni di due realtà: quella di Marianna Potocco e quella di Qihui Huang, manager e distributore, entrambi operanti nel settore design . Insieme hanno sottolineato che è fondamentale colmare il gap comunicativo in modo da trasmettere al cliente orientale l’expertise e la storia del made in Italy attraverso il proprio prodotto.
«Quando valuto i marchi occidentali: qualità, innovazione e il background della label sono le caratteristiche che prendo in considerazione – ha commentato Qihui Huang -. Per quanto riguarda invece il brand che intende avviare l’attività nel Paese, consiglio sempre di investire sui certificati CE, indispensabili nella lotta alla contraffazione e per ribadire la proprietà del marchio, oltre che su una buona conoscenza dei trasporti, a livello di tempi e costi».
«Ritengo fondamentale orientare la mia ricerca sui “global brand” - ha aggiunto Frederik Yuson, ceo di Cwc, compagnia con sede a Manila, che offre prodotti high quality del settore Home & Living per uffici, alberghi e residenze -. Nessun consumatore vuole qualcosa che già si trova sul territorio, bisogna guardare oltre, documentarsi e fare del global background la principale caratteristica di attrazione».
La cosidetta global knowledge non riguarda soltanto il prodotto; come è stato evidenziato dalla docente di Naba Nicoletta Morozzi, lo stesso spazio espositivo, seppur riconosciuto secondo caratteristiche architettoniche ben riconducibili agli attuali mall, ha una notevole importanza durante la shopping experience, che varia socialmente e che viene pertanto influenzata dallo scambio culturale.
L’espansione in Asia risulta quindi complessa sotto diversi aspetti: «Sia lato consumatore, sia lato imprenditore, l’eterogeneità del Far East non va mai sottovalutata. Il mercato non può e non deve essere affrontato seguendo un’unica strategia, ma capito da entrambe le parti coinvolte nelle relazioni di business. Comunicare lo fanno tutti, comunicare bene in pochi», ha concluso Andrea Bonardi, managing partner di Texere Advisors.